Accessibilità al mondo del lavoro: primo passo per una cittadinanza attiva

Acessibilidade ao mundo do trabalho: primeiro passo para uma cidadania ativa

Accessibility to the world of work: the first step towards active citizenship

Valeria Friso

Universidade de Bolonha, Bolonha, Itália.

valeria.friso@unibo.it

 

Recebido em 14 de agosto de 2025

Aprovado em 21 de novembro de 2025

Publicado em 24 de dezembro de 2025

 

RIASSUNTO

L’inserimento lavorativo delle persone con disabilità costituisce un tema centrale nel dibattito contemporaneo sulle politiche sociali e sul diritto all’inclusione. L’accesso e l’accessibilità al lavoro non rappresenta soltanto un’opportunità economica, ma anche uno strumento fondamentale di autodeterminazione, integrazione sociale e partecipazione alla vita collettiva (Friso, 2017). In questa prospettiva, il lavoro si configura come uno spazio privilegiato di costruzione della cittadinanza attiva e del riconoscimento sociale (Lepri, 2020). Solo attraverso un approccio realmente inclusivo è possibile costruire un mercato del lavoro equo, capace di garantire pari opportunità a tutti i cittadini, indipendentemente dalle loro condizioni di partenza (Lepri, Montobbio, 1994). Nel contributo sarà presentato lo strumento PEEPI - Percorso Educativo per l’Espressione delle Potenzialità Individuali, una certificazione italiana che indica le aziende e le organizzazioni che sono in grado di proporre un reale inserimento lavorativo. Il modello di inserimento valoriale certificato da PEEPI si fonda su queste tre direttrici fondamentali, tra loro interdipendenti. Innanzitutto, viene valorizzata la scoperta e il riconoscimento dei talenti della persona, perché un modello standard unico non può essere una risposta valida per tutti e tutte. Poi viene promossa la costruzione di un percorso basato sul confronto al fine di migliorare la conoscenza che deve essere condivisa. Infine, si valorizza l’appoggio relazionale tra educatore e persona da inserire, perché i legami tra gli esseri umani sono il motore più potente che ci sia. L’ottica e l’approccio dell’articolo saranno multidisciplinari a partire da uno sguardo prettamente pedagogico ed educativo.

Parole chiave: Inserimento lavorativo; Accessibilità lavorativa; Cittadinanza attiva.

 

RESUMO

A inserção profissional das pessoas com deficiência é um tema central no debate contemporâneo sobre políticas sociais e o direito à inclusão. O acesso e a acessibilidade ao trabalho não representam apenas uma oportunidade económica, mas também um instrumento fundamental de autodeterminação, integração social e participação na vida coletiva (Friso, 2017). Nesta perspetiva, o trabalho configura-se como um espaço privilegiado para a construção da cidadania ativa e do reconhecimento social (Lepri, 2020). Somente através de uma abordagem realmente inclusiva é possível construir um mercado de trabalho justo, capaz de garantir oportunidades iguais a todos os cidadãos, independentemente das suas condições iniciais (Lepri, Montobbio, 1994). Na contribuição, será apresentado o instrumento PEEPI - Percorso Educativo per l’Espressione delle Potenzialità Individuali (Percurso Educativo para a Expressão do Potencial Individual), uma certificação italiana que indica as empresas e organizações que são capazes de propor uma real inserção profissional. O modelo de inserção valorizada certificado pela Peepi baseia-se nestas três diretrizes fundamentais, interdependentes entre si. Em primeiro lugar, valoriza-se a descoberta e o reconhecimento dos talentos da pessoa, porque um modelo padrão único não pode ser uma resposta válida para todos e todas. Em seguida, promove-se a construção de um percurso baseado na comparação, com o objetivo de melhorar o conhecimento que deve ser partilhado. Por fim, valoriza-se o apoio relacional entre o educador e a pessoa a ser inserida, porque os laços entre os seres humanos são o motor mais poderoso que existe. A ótica e a abordagem do artigo serão multidisciplinares, partindo de uma visão puramente pedagógica e educativa.

Palavras-chave: Inserção profissional; Acessibilidade profissional; Cidadania ativa.

 

ABSTRACT

The employment of people with disabilities is a central issue in the contemporary debate on social policies and the right to inclusion. Access to and accessibility of work is not only an economic opportunity, but also a fundamental tool for self-determination, social integration and participation in community life (Friso, 2017). From this perspective, work is a privileged space for building active citizenship and social recognition (Lepri, 2020). Only through a truly inclusive approach is it possible to build a fair labour market capable of guaranteeing equal opportunities for all citizens, regardless of their starting conditions (Lepri, Montobbio, 1994). This contribution will present the PEEPI tool - Educational Pathway for the Expression of Individual Potential, an Italian certification that identifies companies and organisations that are able to offer real job placement. The value-based integration model certified by Peepi is based on these three fundamental, interdependent principles. First, it emphasises the discovery and recognition of a person's talents, because a single standard model cannot be a valid solution for everyone. Second, it promotes the creation of a path based on dialogue in order to improve the knowledge that must be shared. Finally, the relational support between the educator and the person to be integrated is valued, because the bonds between human beings are the most powerful driving force there is. The perspective and approach of the article will be multidisciplinary, starting from a purely pedagogical and educational point of view.

Keywords: Job placement; Job accessibility; Active citizenship.

 

L’inserimento lavorativo delle persone con disabilità: tra competenze individuali e responsabilità sistemiche

L’inclusione delle persone con disabilità nel mercato del lavoro costituisce una delle sfide più significative per le società contemporanee, non solo in termini di giustizia sociale e pari opportunità, ma anche come indicatore dell’effettiva maturità civile e culturale di un contesto socioeconomico. Tale processo, tuttavia, non può essere ricondotto esclusivamente alla dimensione individuale dela persona con disabilità, né essere ridotto alla mera questione della collocazione occupazionale. Piuttosto, esso si configura come esito complesso di un'interazione dinamica tra capacità individuali, accesso a risorse formative ed educative e caratteristiche sistemiche del contesto lavorativo e sociale. In questo senso l’ottica ICF (WHO, 2001) ci insegna a considerare fondamentale la sensibilizzazione del contesto verso azioni inclusive che permettano la piena partecipazione delle persone con disabilità.

È innegabile che l’acquisizione di competenze professionalmente spendibili rappresenti un prerequisito imprescindibile per qualsiasi percorso di inserimento lavorativo. In tal senso, le persone con disabilità, al pari di ogni altro cittadino, necessitano di opportunità formative che consentano loro di sviluppare conoscenze, abilità e attitudini coerenti con le richieste mutevoli del mercato del lavoro. Tuttavia, tali competenze non sorgono in un vuoto sociale, ma sono il frutto di un percorso educativo strutturato, continuo e soprattutto inclusivo. L'accesso a un’istruzione di qualità, calibrata sulla valorizzazione delle differenze e sulla promozione dell’equità, rappresenta la condizione sine qua non per la costruzione di un profilo professionale solido e riconoscibile. Proprio la Convenzione ONU dei diritti delle persone com disabilità (2006), all’Articolo 24 chiede che gli Stati Parti riconoscano il diritto all’istruzione delle persone con disabilità. Gli Stati sono tenuti a garantire une sistema educativo inclusivo a tutti i livelli e un apprendimento permanente lungo tutto l’arco della vita, senza discriminazioni e su pari opportunità. Tale articolo stabilisce inoltre che le persone con disabilità non devono essere escluse dal sistema educativo generale a causa della loro condizione. Inoltre, i bambini con disabilità dovrebbero avere acesso gratuito e obbligatorio all’istruzione primaria e secondaria inclusiva nel contesto della loro comunità. Perchè questo sai possibile è necessario impegnarsi per un’accessibilità autentica partendo innanzitutto dall’immaginare e mettere in atto misure di adeguamento ragionevole, supportando l’individualizzazione di contesti scolastici che promuovano al meglio lo sviluppo. Viene in questo modo rimarcato l’obbligo per gli Stati di trasformare cultura, pratiche educative e politiche in senso inclusivo e di rimuovere le barriere ancora presenti nei sistemi educativi e formativi.

L’effettiva occupabilità delle persone con disabilità non può, però, essere spiegata soltanto in termini di preparazione individuale. Essa dipende, in misura altrettanto determinante, dalla capacità del contesto – inteso nelle sue articolazioni istituzionali, culturali e organizzative – di riconoscere, valorizzare e collocare tali competenze nei contesti lavorativi più idonei. Il paradigma dell’inclusione lavorativa richiede, dunque, una duplice responsabilità: da un lato, quella dela persona di accedere e trarre beneficio da percorsi educativi e professionali adeguati; dall’altro, quella delle istituzioni e degli attori economici di predisporre ambienti capaci di accogliere la diversità come risorsa, piuttosto che come ostacolo (Romano, 2025).

Il mercato del lavoro, se inteso esclusivamente secondo logiche prestazionali e produttivistiche, rischia di perpetuare meccanismi di esclusione sistemica, fondati su stereotipi abilisti e su un’erronea concezione dell’efficienza. Interessante, in questo senso, l’approccio trasformativo traslato dal campo formativo a quello lavorativo da alcuni studi attuali.

Il lavoro sul contesto è centrale per l’integrazione lavorativa delle persone con disabilità, perché sposta l’attenzione dal “deficit” individuale alla trasformazione dell’ambiente di lavoro e delle sue culture organizzative. L’inclusione non è un concetto astratto, ma un insieme di pratiche concrete e situate che richiedono un’analisi attenta dei fattori ambientali, organizzativi e relazionali che possono facilitare o ostacolare la partecipazione.

Esistono veri e propri strumenti che operano su questo piano. Due tra questi sono: il “Disability Tool” (Taylor & Marienau, 2016; Lundgren et al., 2017; Justice et al., 2020) e la “Consulenza Collaborativa Organizzativa” (Geisen & Harder, 2011). Il primo favorisce riflessioni collettive sui comportamenti, consapevoli o inconsapevoli, che generano esclusione, spingendo a individuare soluzioni contestuali e sostenibili. Il secondo promuove un percorso di cambiamento organizzativo che parte dall’analisi della cultura aziendale, dei processi e delle relazioni interne, fino alla progettazione di azioni e accomodamenti concreti per favorire l’inclusione.

Agire sul contesto significa modificare spazi, strumenti, modalità di lavoro e soprattutto atteggiamenti, promuovendo leadership relazionali e una cultura dell’accessibilità. Le esperienze raccolte mostrano che l’inserimento di una persona con disabilità diventa occasione per rivedere prassi consolidate, migliorare il benessere organizzativo e rafforzare il senso di appartenenza.

L’approccio trasformativo richiede che tutti gli attori – lavoratori, manager, formatori, colleghi – siano coinvolti come co-costruttori di conoscenza e soluzioni, superando modelli assistenzialistici. Questo lavoro condiviso sul contesto favorisce un allineamento tra bisogni individuali e obiettivi aziendali, riduce stereotipi e discriminazioni e aumenta la produttività complessiva (Romano A., 2021).

È, quindi, necessario promuovere una visione che riconosca nelle competenze delle persone con disabilità non una concessione di carità, bensì una componente strutturale della ricchezza professionale e umana delle organizzazioni. Tale cambiamento culturale può realizzarsi solo attraverso politiche attive del lavoro, misure di accomodamento ragionevole, e una solida alleanza tra scuola, università, servizi per l’impiego e imprese.

Un efficace inserimento lavorativo può essere importantissimo per le persone con disabilità per accrescere il proprio senso di autoefficacia, autostima ed autorealizzazione, orientare le proprie attività verso qualcosa di “utile” e “produttivo”, potenziare le proprie competenze, l’autonomia ed il senso di adultità, promuovere l’arricchimento personale, relazionale etc. ed al tempo stesso rappresenta sicuramente uno dei passaggi fondamentali e centrali nel processo di inclusione sociale.[1]

 

L’accesso e l’accessibilità al lavoro

Il lavoro, visto in chiave pedagogica, non si esaurisce in una mera opportunità economica, ma si delineano come snodi fondamentali attraverso cui si attua l’autodeterminazione della persona, si realizza l’inclusione sociale e si consolida una cittadinanza attiva e partecipativa.

Nel contesto contemporaneo, segnato da una crescente complessità nei sistemi produttivi e da trasformazioni nei modelli educativi, la relazione tra lavoro, educazione e partecipazione assume una centralità crescente nei dibattiti pedagogici. Il lavoro, inteso nella sua dimensione integrale e plurale, non è più semplicemente luogo di produzione, ma diviene spazio educativo, ambiente di apprendimento continuo e dispositivo sociale capace di generare legami, identità e appartenenze (Miatto, Pellizzari, Sacchi, Friso, 2024).

La letteratura sul campo dell’inclusione sociale ci indica come l’inclusione lavorativa si realizza pienamente solo laddove le persone con disabilità possano sperimentare il riconoscimento in tre ambiti fondamentali: affettivo, giuridico e sociale. Il lavoro, in particolare, costituisce una delle forme più potenti di riconoscimento sociale, poiché consente all’individuo di percepirsi come parte integrante di una collettività, valorizzato per le proprie competenze e il proprio contributo. L’esclusione dal lavoro o l’impossibilità di accedervi in modo equo mina, dunque, non solo la stabilità economica, ma anche la dignità e l’identità del soggetto.

Nella medesima direzione si muove Martha C. Nussbaum (2000; 2011), il cui approccio delle "capabilities" ha avuto una ricaduta significativa anche in ambito pedagogico. L’autrice sostiene che ogni società giusta debba garantire a ciascun individuo la possibilità reale – e non solo formale – di sviluppare le proprie capacità e aspirazioni. L’accessibilità al lavoro, in tale prospettiva, è una delle condizioni essenziali per l’esercizio della libertà sostanziale: essa non è soltanto mezzo di sostentamento, ma campo di espressione della dignità umana, del potenziale creativo e della responsabilità etica verso la comunità.

Perché ciò sia possibile è importante che i processi educativi preparino alla responsabilità e alla cooperazione, e non semplicemente all’adattamento al mercato (Meirieu, 2001; 2013). Il lavoro – se accompagnato da processi educativi riflessivi e critici – può costituire un potente vettore di emancipazione, a patto che si riconosca l’urgenza di costruire contesti inclusivi, capaci di valorizzare le diversità e contrastare le disuguaglianze sistemiche.

Si propone quasi con urgenza, quindi, la necessità di costruire percorsi formativi che favoriscano la transizione al lavoro come processo pedagogico, in cui le persone siano accompagnate nello sviluppo di competenze trasversali, progettualità personale e senso di responsabilità sociale. L’accesso al lavoro, in questa prospettiva, non è mai un fatto meramente tecnico o burocratico, ma implica una profonda riflessione pedagogica sul senso dell’agire umano nella società.

Accessibilità, in questo contesto, sta a indicare tutte quelle azioni che permettono di rendere il lavoro accessibile a tutti non è soltanto una questione di giustizia sociale, ma un imperativo pedagogico. È attraverso l’esperienza del lavoro che la persona può costruire un progetto di sé fondato sulla responsabilità, sul contributo al bene comune e sulla continua rigenerazione del tessuto democratico. Un sistema educativo e sociale che neghi tale accesso tradisce la propria missione fondamentale: quella di formare cittadini liberi, capaci di pensare, agire per trasformare il mondo in cui vivono.

Il lavoro, dunque, può configurarsi come luogo di relazione, in cui agire responsabilità e nel quale partecipare contribuendo fattivamente e in modo sostanziale alla definizione dell’identità della persona nella sua fase di vita quale quella dell’adultità. “Il lavoro è ontologicamente un argomento che riguarda l’adulto e il fatto che anche persone con disabilità abbiano cominciato ad avere accesso a un ruolo lavorativo è stato un passaggio importante per un riconoscimento diretto della loro adultità” (Lepri, 2016, p. 19).

L’esperienza lavorativa, infatti, rappresenta un contesto nel quale si esercitano diritti, si consolidano doveri e si sperimentano forme concrete di appartenenza alla comunità. Attraverso il lavoro, il cittadino non solo contribuisce alla produzione di valore, ma afferma la propria presenza sociale, il proprio ruolo attivo e il proprio diritto a essere riconosciuto come parte significativa del corpo civico.

L'inserimento lavorativo non può essere inteso unicamente come misura economica o normativa. Esso svolge funzioni latenti essenziali (Durkheim, 1897; Jahoda, 1982), tra cui:

·                  la costruzione dell'identità adulta,

·                  la socializzazione,

·                  il senso di utilità e appartenenza,

·                  la strutturazione del tempo quotidiano.

In tal senso, la pedagogia speciale è chiamata ad agire come territorio di frontiera, capace di mettere in dialogo educazione, lavoro e diritti perché il passaggio richiesto è quello che va da una logica di mero adempimento normativo a una logica di valore, in cui l’inclusione diventa parte integrante delle strategie aziendali e della responsabilità sociale d’impresa. Ciò richiede una progettazione accurata dell’inserimento lavorativo, basata sull’analisi dei compiti, delle competenze necessarie e delle condizioni di accessibilità, nonché un lavoro di sensibilizzazione e formazione interna. In quest’ottica, il Disability Management è visto come un approccio strategico capace di conciliare le esigenze produttive con quelle di inclusione, attraverso soluzioni organizzative flessibili, accomodamenti ragionevoli e processi partecipativi (Sacchi, 2022).

In questa logica il successo dell’integrazione, evidenziamo di nuovo, dipende non solo dalle competenze della persona con disabilità, ma anche – e soprattutto – dalla capacità dell’organizzazione di adattarsi, innovare e valorizzare le diversità, trasformandole in risorse per la crescita complessiva dove il riconoscimento sociale derivante dal lavoro non è un fattore secondario, bensì un elemento costitutivo della cittadinanza stessa. In questo senso, il lavoro si pone come veicolo di legittimazione del soggetto all’interno di una società democratica, nella quale il valore dell’individuo è, o dovrebbe essere, misurato anche dalla sua possibilità di partecipare equamente agli spazi della vita pubblica (Lepri, 2016).

Tuttavia, tale potenzialità del lavoro può esplicarsi pienamente solo laddove si adottino politiche e visioni realmente inclusive. Montobbio e Lepri (1994) sottolineano come la costruzione di un mercato del lavoro equo richieda il superamento delle disuguaglianze strutturali che, troppo spesso, condizionano le possibilità di accesso e permanenza nel mondo lavorativo.

Solo attraverso un approccio pedagogico inclusivo e sistemico, orientato alla rimozione degli ostacoli materiali e simbolici che limitano l’accesso al lavoro, è possibile garantire pari opportunità e valorizzare le potenzialità di ciascuno. L’inclusione lavorativa, infatti, non può essere relegata a misura compensativa o assistenziale, ma deve essere assunta come orizzonte etico e strategico di una società che si riconosce plurale, solidale e giusta.

In tale prospettiva, il lavoro non solo educa alla cittadinanza, ma diviene esso stesso pratica di cittadinanza: uno spazio di esercizio attivo dei valori democratici, della corresponsabilità e del riconoscimento reciproco. Rendere il lavoro accessibile a tutti – nella sua dimensione materiale e simbolica – significa dunque attuare un progetto pedagogico profondo, capace di generare coesione sociale e dignità per ogni persona, a partire dal rispetto delle differenze e dalla valorizzazione delle diversità.

 

La certificazione italiana PEEPI

Sotto il profilo normativo, l’ordinamento italiano ha adottato importanti strumenti legislativi per promuovere l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità a partire dalla Legge n. 68 del 12 marzo 1999 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”. La presente norma introduce il principio del collocamento mirato, volto a favorire l’incontro tra le caratteristiche individuali della persona e le esigenze del contesto lavorativo. L’articolo 1 della suddetta legge afferma con chiarezza che “il diritto al lavoro delle persone disabili è garantito attraverso supporti mirati e strumenti di accompagnamento all’inserimento lavorativo”.

Oggi, tale cornice normativa si inserisce in un più ampio panorama europeo e internazionale, segnato dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (ONU, 2006), in cui viene sancito il diritto delle persone con disabilità al lavoro su base di uguaglianza con gli altri, richiamando gli Stati ad adottare misure legislative, politiche ed educative volte a rimuovere le discriminazioni e promuovere ambienti lavorativi inclusivi.

L’Italia si è dotata di strumenti legislativi fondamentali per l’inclusione lavorativa decisamente all’avanguardia e che si rinnovano in modo avanzato come viene testimoniato dal D.lgs n. 36/2023, che introduce le clausole sociali negli appalti pubblici.

Nonostante questi strumenti, il gap tra norma e prassi resta ampio, rendendo necessarie strategie di accompagnamento e monitoraggio dei processi inclusivi.

L’inserimento lavorativo delle persone con disabilità, tuttavia, non può essere ridotto a una mera questione tecnica o normativa: esso va concepito come un processo strutturale e multidimensionale, che richiede un impegno coordinato a livello culturale, istituzionale e sociale. Solo attraverso un approccio autenticamente inclusivo – che si fondi sulla valorizzazione delle differenze e sull’abbattimento delle barriere materiali e simboliche – è possibile costruire un mercato del lavoro equo, capace di garantire pari opportunità a tutti i cittadini, indipendentemente dalle loro condizioni di partenza (Lepri, Montobbio, 1994; Dovigo, 2011).

La realtà italiana mostra ancora ostacoli organizzativi, culturali e gestionali all’effettiva inclusione lavorativa delle persone in situazione di svantaggio. In risposta a queste criticità, si è sviluppato il modello PEEPI – Percorso Educativo per l’Espressione delle Potenzialità Individuali – che introduce un sistema di certificazione per garantire percorsi professionali autenticamente inclusivi.

Si tratta di una certificazione italiana che viene assegnata a quelle imprese che basano i propri percorsi di inserimento lavorativo sulla valorizzazione delle potenzialità individuali di ogni singola persona e assume concretamente e fattivamente lavoratori con disabilità.

Il modello PEEPI si configura quale esito maturo di una sinergia virtuosa instaurata, nel 2022, tra attori eterogenei ma accomunati da una visione educativa condivisa: la Cooperativa sociale Dovadola 3000 (Forlì) accompagnata da Confoccoperative Emilia Romagna, l’ente certificatore CSQA, e il Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna.

Tale alleanza interistituzionale ha dato origine a un dispositivo innovativo di certificazione, concepito per attestare la qualità e la sostenibilità di percorsi di inserimento lavorativo rivolti a persone in condizione di disabilità o svantaggio. Destinatari dell’intervento non sono soltanto soggetti pubblici, ma anche realtà private, tanto del settore profit quanto di quello non profit, che dimostrino di adottare prassi inclusive fondate su presupposti pedagogici ed etici rigorosi.

Cuore pulsante del modello è un impianto co-progettuale, che riconosce nella persona non un mero beneficiario passivo, bensì un protagonista attivo del proprio percorso professionale che, inevitabilmente, è collegato al percorso identitario. A ciò si aggiunge una valorizzazione puntuale delle potenzialità individuali, intese non come semplici competenze da rilevare, ma come risorse da coltivare mediante un accompagnamento educativo qualificato e costante, garantito da professionisti debitamente formati.

Il modello PEEPI persegue non solo una finalità legata all’inserimento iniziale della persona nel mondo lavorativo, ma anche quella di favorire la permanenza nell’ambito lavorativo e la piena realizzazione professionale della persona, in un’ottica di continuità, crescita e riconoscimento del valore sociale del lavoro inclusivo.

Il processo di certificazione previsto dal modello PEEPI si configura come un articolato itinerario metodologico, scandito da tappe sequenziali, ciascuna delle quali riveste un ruolo essenziale nella costruzione di un sistema realmente orientato alla qualità inclusiva.

La prima fase concerne la formalizzazione del contesto operativo, unitamente alla definizione dei profili lavorativi, passaggio imprescindibile per ancorare l’intervento educativo a coordinate reali, contestuali e biografiche. Segue la costruzione partecipata del percorso attraverso l’elaborazione della cosiddetta Worker Card, dispositivo che consente la documentazione dinamica delle potenzialità, delle inclinazioni e delle traiettorie evolutive della persona.

Di fondamentale rilievo è la costituzione di un’équipe multidisciplinare, la cui pluralità di sguardi garantisce un approccio olistico, capace di intrecciare competenze pedagogiche, psicologiche, sociologiche e organizzative. L’ingresso graduale della persona nel contesto lavorativo è pensato come un processo accompagnato, scandito da tempi rispettosi della soggettività e dei ritmi individuali.

A tale dinamica si affianca un monitoraggio continuo, fondato sulla raccolta sistematica di dati, utile non solo ai fini valutativi ma anche come leva per l’adattamento in itinere del percorso stesso. A completamento, si prevede un’approfondita analisi delle prospettive professionali, in vista di una progettazione sostenibile a lungo termine.

La formazione del personale rappresenta una condizione abilitante imprescindibile: solo attraverso una qualificazione continua degli operatori è possibile garantire l’efficacia dell’azione educativa e la coerenza con i valori fondativi del modello.

Il processo si conclude con un riesame complessivo del servizio erogato e con l’audit finale, funzionale al rilascio della certificazione. Quest’ultima possiede una validità triennale ed è soggetta a verifiche annuali, a testimonianza dell’impegno a mantenere nel tempo standard elevati di qualità, responsabilità e inclusione.

 

L’impatto trasformativo del modello PEEPI: tra qualità organizzativa e centralità della persona

L’adozione del modello PEEPI si configura non solo come un'opzione strategica per le organizzazioni, ma come una scelta valoriale capace di generare effetti sistemici e duraturi, tanto sul piano istituzionale quanto su quello individuale. Esso si distingue per la sua capacità di coniugare l’esigenza di qualità dei servizi con un orientamento etico fondato sulla responsabilità sociale e sull’inclusione autentica.

La certificazione, di fatto, si propone come strumento del tutto inedito nel panorama degli strumenti utili a facilitare l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità perché affronta concretamente il tema della disabilità come questione di diritti umani. In questo senso ben si inserisce nel solco del cambiamento di paradigma introdotto dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (ONU, 2006). Infatti, la prospettiva basata sui diritti sposta l’attenzione dalla disabilità come problema medico-individuale alla disabilità come condizione sociale determinata dall’interazione tra persona e barriere presenti nell’ambiente.

È importante insistere sull’importanza dell’approccio basato sui diritti per promuovere inclusione e pari dignità, evidenziando che il riconoscimento formale dei diritti deve tradursi in politiche concrete, risorse adeguate e cambiamenti organizzativi. Richiama inoltre la necessità di un monitoraggio continuo sull’applicazione della Convenzione e di un coinvolgimento diretto delle persone con disabilità nei processi decisionali (Griffo, 2017).

A livello organizzativo, l’implementazione del modello determina un rafforzamento sostanziale delle pratiche gestionali e dei dispositivi di servizio, in quanto introduce parametri operativi chiari, replicabili e coerenti con le normative vigenti in materia di inclusione. L’ottenimento della certificazione PEEPI, attraverso l’attribuzione di un marchio ufficialmente riconosciuto, rappresenta altresì un attestato pubblico di impegno sociale, conferendo prestigio e legittimità all’identità etica dell’ente aderente.

Inoltre, l’adesione al modello consente alle realtà organizzative di allinearsi in modo proattivo alle più avanzate politiche di responsabilità sociale d’impresa, contribuendo a delineare un profilo istituzionale sensibile, trasparente e orientato al bene comune.

Dal punto di vista soggettivo, il modello promuove un cambiamento significativo nelle traiettorie di vita delle persone in condizione di disabilità o svantaggio. I percorsi delineati sono altamente personalizzati, flessibili e capaci di adattarsi ai bisogni, alle vocazioni e ai ritmi di ciascun individuo. Fondamentale è la presenza costante di un accompagnamento educativo continuativo, che assicura il sostegno non solo nelle fasi iniziali dell’inserimento, ma lungo l’intero arco del percorso professionale.

In quest’ottica, PEEPI si configura come un dispositivo pedagogico potente, volto al potenziamento dell’autonomia personale e delle competenze esecutive, in un’ottica di emancipazione e autorealizzazione. Può essere immaginato come un’architettura pedagogica ed educativa, ben prima che una procedura di natura meramente tecnica o gestionale. La sua cifra distintiva risiede nella capacità di riconoscere e valorizzare la persona come soggetto pienamente agente, capace di orientare, co-progettare e abitare consapevolmente il proprio percorso di vita e di lavoro. Lungi dal trattare l’individuo come destinatario passivo di politiche assistenziali, il modello promuove un’idea di cittadinanza fondata sull’autodeterminazione, sulla partecipazione e sulla corresponsabilità.

In tale prospettiva, si delinea con forza l’orizzonte di uno sviluppo futuro in cui la certificazione PEEPI possa divenire requisito strutturale e cogente per tutte quelle organizzazioni che intendano operare, con rigore e coerenza, nell’ambito dell’inclusione lavorativa. Un simile orientamento rafforzerebbe in modo significativo il nesso tra qualità dei servizi, innovazione sociale e tutela dei diritti fondamentali, restituendo valore politico e pedagogico all’agire professionale.

Nel solco di una pedagogia speciale intesa come territorio di frontiera, il lavoro – se sorretto da approcci multidimensionali, intenzionalmente educativi e fondati sull’ascolto delle soggettività – può divenire un dispositivo autentico di inclusione trasformativa. In tal senso, il modello PEEPI si presenta come una risposta concreta e strutturata alla sfida dell’inclusione contemporanea, dove la differenza non è più ostacolo, ma risorsa, e dove la professionalità si intreccia profondamente con l’etica della cura, della giustizia e della responsabilità sociale (Bortolotti, 2017).

Il modello di inserimento valoriale promosso e certificato da PEEPI si fonda su una visione dell’inclusione lavorativa che non si limita alla mera collocazione professionale, ma ambisce a promuovere processi profondamente educativi, trasformativi e co-costruiti. In tale prospettiva, il dispositivo si articola attorno a tre direttrici fondamentali, tra loro interdipendenti, che ne esprimono la portata teorica e operativa: il riconoscimento delle potenzialità individuali, la costruzione partecipata del percorso e la valorizzazione della relazione educativa.

In primo luogo, il modello afferma con forza la centralità della scoperta e del riconoscimento dei talenti della persona, intesi non come doti innate o tratti statici, bensì come potenzialità dinamiche che si sviluppano nel tempo, nel contesto, e attraverso la relazione. Questa operazione di emersione e valorizzazione rompe con l’approccio standardizzante e normativo che, troppo spesso, tende a ridurre la complessità del soggetto a una serie di parametri prestazionali.

Il presupposto pedagogico è chiaro: non può esistere un unico modello valido per tutti e tutte. Ogni individuo, nella propria unicità biografica, culturale e affettiva, esige un percorso che sia pensato “su misura”, capace di accogliere le sue specificità, le sue fragilità e le sue aspirazioni. In tal senso, il modello PEEPI restituisce dignità alla personalizzazione dei percorsi educativi e professionali, considerandola non come una deroga, ma come la condizione necessaria per l’efficacia e la giustizia del processo stesso.

Il secondo pilastro è rappresentato dalla costruzione dialogica e partecipata del percorso di inserimento. Lontano da ogni forma di delega verticale o progettazione unilaterale, il modello propone una epistemologia della condivisione, fondata sull’incontro di saperi e sul riconoscimento reciproco tra i diversi attori coinvolti: la persona, l’educatore, l’équipe professionale, il contesto lavorativo.

In questa logica, la Worker Card non è un semplice strumento tecnico di rilevazione, ma diventa un dispositivo simbolico ed operativo attraverso cui la persona può narrare sé stessa, mettere in parola le proprie competenze, tracciare orizzonti di senso. L’approccio co-progettuale implica dunque un lavoro riflessivo e generativo, in cui il processo conta quanto, se non più, del prodotto finale.

Il terzo asse – e forse il più radicalmente pedagogico – è costituito dalla valorizzazione dell’appoggio relazionale tra la persona e l’educatore senza dimenticare il contest. In un tempo storico in cui le relazioni tendono ad essere funzionalizzate o marginalizzate, il modello PEEPI riafferma il loro valore fondativo, riconoscendo che sono proprio i legami umani, autentici e significativi, ad attivare i processi di cambiamento più profondi.

L’educatore, in questo contesto, assume una funzione di mediatore esistenziale, non solo di facilitatore tecnico. Egli accompagna, sostiene, orienta, ma soprattutto ascolta e si lascia interpellare dalla soggettività dell’altro. È nella costruzione di una relazione simmetrica e dialogica, nutrita da fiducia e rispetto, che si genera lo spazio educativo in cui la persona può sentirsi legittimata ad apprendere, a rischiare, a trasformarsi.

Queste tre direttrici – personalizzazione, co-progettazione, relazionalità – non rappresentano mere linee guida metodologiche, ma costituiscono l’essenza stessa di una pedagogia dell’inclusione incarnata, capace di operare nel reale senza rinunciare alla tensione utopica verso una società più giusta e solidale.

Il modello PEEPI si presenta, così, come un’infrastruttura etico-educativa che plasma il lavoro non solo come diritto o funzione economica, ma come ambito esistenziale generativo, dove la persona può divenire pienamente soggetto-attore di sé e della propria storia. È in questa prospettiva che il lavoro diventa non solo inclusivo, ma emancipante, e che l’educazione ritrova il suo ruolo centrale nella costruzione di orizzonti di vita significativi aiutando l’intera società a considerare la disabilità non come “eccezione” ma come parte della diversità umana.

 

Bibliografia di riferimento

BORTOLOTTI, Elena. La transizione nell’età adulta per il giovane con disabilità intellettiva. Possibili occasioni per favorire questo passaggio. Integrazione Scolastica e Sociale, n.3, pp. 229-236, 2017

 

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[1] de Robertis, G., Speziale, R., & Caserta, A. (2009). “Manuale Facilitato”: cosa dice la Convenzione, a che punto siamo in Italia, le proposte delle nostre famiglie.